Corridoio Vasariano - Guida Turistica

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.: STORIA
 Dopo che Cosimo I Medici ebbe consolidato il suo potere e riunite le tredici Arti e Magistrature in un'unica struttura nel cuore della città (Uffizi), nacque suo figlio Francesco (1541-1587) noto come Principe dello studiolo. Erano trascorsi due anni dalle nozze celebrate il 29 luglio 1539 di Cosimo con una donna di superba bellezza e oculata intelligenza: Eleonora di Toledo. Lo Studiolo di Francesco I è in Palazzo Vecchio e fu eseguito dopo il 1570 a opera della generazione di allievi di Vasari, architetto, pittore, scrittore d'arte. Gli allievi impiegati nella decorazione dello Studiolo furono: Allori, Zucchi, Cavalori, Macchietti, Naldini, Santi di Tito e altri. Lo Studiolo rispecchia il carattere del principe, molto diverso dal padre. Francesco I fu uomo umbratile, letterato, interessato all'alchimia.
  Nello studiolo conservava le sue collezioni più segrete. Cosimo pensava del figlio che conducesse una vita stracurata, ossia trascurata: "...andando tutta la notte solo per le strade et che ogniuno lo sa et vede, senza entrare a dire altro, chi non conosce che questa è una vita stracurata et poco conveniente a principe?". Nel 1565 il principe Francesco sposò Giovanna d'Austria. Fu un matrimonio dettato da ragioni di stato. Giovanna era la più giovane delle figlie dell'imperatore Ferdinando I d'Asburgo. Francesco, però, non amò mai questa donna poco elegante e affetta da una malformazione alla colonna vertebrale, e inoltre poco colta e spendacciona. Egli si legò sentimentalmente, già prima del matrimonio, alla bellissima donna di Venezia, Bianca Cappello, sua sposa dopo la morte di Giovanna. Ma le nozze con Giovanna d'Austria portavano grande prestigio alla casa Medici e di questo era ben consapevole Cosimo che si dette a abbellire la città. Negli abbellimenti rientrò la progettazione e rapida esecuzione (solo cinque mesi) della scenografica via aerea unica al mondo: il Corridoio che unisce Palazzo Vecchio a Palazzo Pitti.
  All'epoca gli Uffizi, iniziati nel 1560, non erano ancora terminati. Fu stipulato il contratto per la via aerea il 12 marzo 1565 e incaricato Bernardo d'Antonio, muratore. Via della Ninna sarebbe stata attraversata da un arco che avrebbe unito Palazzo Vecchio agli Uffizi. Un altro arco avrebbe scavalcato la chiesa romanica di San Pier Scheraggio, inglobata dalla parte orientale degli Uffizi. Nel contratto si legge che il corridoio sarebbe stato sostenuto da archi e pilastri nella sua uscita su Ponte Vecchio e poi, incontrata la Torre dei Mannelli, avrebbe dovuto girarci intorno. La torre dei Mannelli fu, infatti, l'edificio che Cosimo non riuscì o non volle confiscare e disse, a commento del fatto: 'Ognuno è padrone a casa sua'. Il corridoio scavalcando vie e case giunge alla Chiesa di Santa Felicita, dove fu costruita una loggia a suo sostegno. Raggiunge via Guicciardini e si apre verso il giardino di Boboli. Il progetto fu seguito da Vasari che nelle sue Ricordanze commenta di aver portato a compimento: '...in men di cinque mesi cose che non si credeva che si conducessi in cinque anni'. Nella parte terminale del corridoio, quella che sbocca sul giardino di Boboli. Vasari aveva creato un portico che si specchia nell'acqua. Si deve a Francesco I e a Bernardo Buontalenti la costruzione della Grotta Grande tra il 1583 e il 1593. L'avventura del corridoio vasariano era solo all'inizio, come il nostro itinerario al suo interno. Il percorso ha inizio con la visione dei pittori caravaggeschi del primo seicento. Nell'Ottocento il Corridoio Vasariano era utilizzato per esporre opere d'arte: nella parte iniziale, quella che parte dagli Uffizi, era stata sistemata la collezione etrusca; sul tratto che percorre Ponte Vecchio vi erano disegni antichi e proseguendo arazzi, miniature, quadri. La collezione di autoritratti iniziò a esservi collocata nel 1952. Il primo tratto è caratterizzato da pittori caravaggeschi del primo seicento. Fu Cosimo II (1590- 1621) che chiamò a lavorare a Firenze questi artisti dal gusto realistico. è così che incontriamo subito, nella nostra visita, Gerrit van Honthorst, meglio conosciuto come Gherardo delle Notti, per le sue scene ambientate in notturni e rischiarate da un'unica fonte di luce che gli permette di creare effetti luministici di impatto. L'opera esposta è Cena con sponsali (1617 ca.). Altro artista interessante e caravaggesco è Artemisia Gentileschi. Allieva del padre dal quale eredita il modo di dipingere attento alla preziosità delle stoffe e la resa delle carni attraverso uno studio dal vero di ombre e luci, è presente nel corridoio vasariano con la famosa Giuditta e Oloferne. Giuditta è l'eroina ebrea di cui la storia è narrata nel libro della Bibbia che porta il suo nome. La vicenda è di quelle che fanno palpitare.
  La città di Betulia era stremata dall'assedio del generale di Nabucodonosor Oloferne. Giuditta, vedova di grande bellezza, era convinta che Dio avrebbe risparmiato il suo popolo perché innocente e senza peccato. Così insieme alla sua ancella andò da Oloferne, lo fece capitolare con arti seduttive e gli spiccò la testa dal collo. Artemisia narra l'atroce gesto compiuto da Giuditta, liberatrice del suo popolo, con fiotti di sangue, bellissime stoffe, inesprimibile crudeltà e palpabile terrore. Molto realistica e ben riuscita questa pittura di effetto realizzata nel 1620 circa. Lì vicino il quadro di Guido Reni David con la testa di Golia (1605 ca.) che narra l'esito della sfida di Golia, personaggio biblico, eroe filisteo di Gat. Durante la campagna dei Filistei contro Saul, Golia, gigante armato di tutto punto, sfidò il più valoroso dei soldati ebrei. Si presentò un ignoto giovinetto, David che con la sua fionda gli scagliò un sasso sulla fronte e lo uccise. Il quadro raffigura David che contempla la testa del gigante tenendola con la mano sinistra per i capelli; nella mano destra ha la fionda da poco usata. Proseguendo la visita incontriamo un'opera raffinata Ghirlanda di fiori appartenente alla fine del Seicento, realizzata dall'artista vicentina Margherita Caffi, prediletta da Vittoria della Rovere moglie di Ferdinando II (1610-1670).
  La seconda sezione ha inizio con l'opera raffinata di Margherita Caffi, Ghirlanda di fiori (fine sec. XVII), realizzata dall'artista vicentina, prediletta da Vittoria della Rovere moglie di Ferdinando II (1610 - 1670) e da suo nipote, il gran principe Ferdinando (1663 - 1713), grande mecenate. Caffi lavorò per la corte medicea intorno agli anni ottanta del Seicento. Il nostro viaggio all'interno del Corridoio Vasariano prosegue all'insegna di due grandi battaglie per la bravura del pittore Jacques Courtois, chiamato il Borgognone, (Saint Hippolyte 1621 - Roma 1676). A Roma fu attratto dalla pittura dei bamboccianti, poi venne incuriosito dai modi pittorici di Salvator Rosa, in seguito suo rivale. Forza drammatica e intensità di luce e colore esprimono Battaglia di Mongiovino e La presa di Radicofani, eseguite intorno al 1650. Le due pitture, collocate l'una di fronte all'altra nella spettacolare galleria, raffigurano due momenti della guerra fra papa Urbano XVIII e Odoardo Farnese che, aiutato dai Medici, vide al suo fianco Mattias, fratello del granduca Ferdinando II e mecenate del pittore. Questi quadri erano un tempo nella villa di Lampeggi per la quale furono commissionati, essendo stata donata dal granduca al fratello Mattias di ritorno dalla guerra vincitore. Impostazione classica e passaggi calibrati di colore si notano in Endimione addormentato (1645 ca.) di Guercino (Cento, Ferrara 1591 - Bologna 1666). Endimione, figlio di Zeus, fu re degli Eoli. Guercino ritrae il figlio divino addormentato. Endimione aveva chiesto a Zeus di concedergli l'immortalità anche se, nel suo caso, questa avesse dovuto significare rimanere per sempre addormentato. Rimase, così, il pastore bello e giovane di cui Selene, la Luna si innamorò. La Luna, presente nel quadro, si recava ogni notte a trovare il suo amante addormentato, carezzandolo con i suoi raggi.
  Sempre di Guercino è possibile ammirare nel solito tratto di corridoio, all'inizio del Lungarno, Sibilla Samia. Ritratto del cardinale Agucchi, il teorico del Bello Ideale, fu eseguito da un altro pittore bolognese del XVII sec. Si tratta di Domenico Zampieri detto il Domenichino (Bologna 1581 - Napoli 1641). La Domenica delle Cascine, la Cecca di Pratolino e Piero Moro, probabilmente al lavoro nelle fattorie medicee, si trovano eternati dal pennello di Giusto Sustermans, nato a Anversa nel 1597 e morto a Firenze nel 1681, pittore ufficiale della corte medicea. Una luce caravaggesca sottolinea i tratti fisionomici di Due contadine e un negro. Di sicuro interesse anche Tributo della moneta di Bernardo Strozzi (Genova 1581 - Venezia 1644), dove tonalità argentee e preziosismi materici, si collocano in un quadro di sapore popolaresco e narrativo. Dopo scene di genere dai gusti popolari un bel ritratto aulico di Giovan Batista Gaulli detto il Baciccio (Genova 1639 - Roma 1709). Ritratto del cardinale Leopoldo dè Medici fu commissionato al pittore per celebrare l'avvenuta nomina a cardinale del figlio di Cosimo II e Maria Maddalena d'Austria, grande mecenate e collezionista. Salomè (1618), dai colpi di luce e dalle zone lasciate nell'oscurità così marcate, è opera del pittore caravaggista Giovanni Battista Caracciolo detto il Battistello (Napoli 1570 ca.- 1637).
  Soggetto mitologico, invece, per Amore e Psiche (1708 ca.) di Giuseppe Maria Crespi, detto lo Spagnolo, (Bologna 1665 - 1747). Il quadro rappresenta una vicenda tratta dalle Metamorfosi di Apuleio. Psiche era la più giovane e bella fanciulla figlia di un re. Aveva molti pretendenti. Venere, oscurata dalla sua bellezza, le mandò il figlio Cupido, Amore, affinché la facesse innamorare con la sua fatidica freccia dell'uomo più brutto sulla terra. Quando Amore vide la splendida fanciulla se ne innamorò...Dai grandi tocchi di luminista del pittore Crespi alle delicatezze del pastello su carta di Rosalba Carriera (Venezia 1675 - 1757). Ritratto di Enrichetta Anna Sofia di Modena (1723 ca.) raffigura una delle tre figlie di Rinaldo d'Este, l'unica che si sposò. I tre ritratti furono, infatti, commissionati perché le tre fanciulle fossero fatte conoscere presso le corti al fine di maritarle. Prima di giungere in quel tratto di corridoio sopra Ponte Vecchio dove ha inizio la collezione di autoritratti voluta dal cardinal Leopoldo Medici, occorre sostare per un attimo di fronte a Achille e il centauro Chirone (1746) di Pompeo Girolamo Batoni (Lucca 1708 - Roma 1787) per apprezzarne il raffinato edonismo e la calibrata capacità di impaginazione che volge già al Neoclassicismo.
  Sul tratto di corridoio che passa sopra a Ponte Vecchio l'omaggio al progettista della via aerea. Subito a sinistra s'incontra, infatti, l'Autoritratto di Giorgio Vasari (1567 ca.) con medaglione al collo in cui è effigiato papa Pio V, uno dei suoi grandi committenti. Di fronte si trova il quadro Sant'Eligio di Jacopo Chimenti, detto l'Empoli (Firenze 1551 - 1640). Il santo protettore degli orafi è stato collocato all'inizio di Ponte Vecchio per ricordare le botteghe degli orafi fiorentini che sostituirono le botteghe dei macellai. L'Empoli narra, in questo dipinto, l'episodio del santo orefice, accusato di aver rubato una certa quantità di oro. Il protagonista ha le sembianze dello scultore Pietro Francavilla, accusato per una vicenda analoga. Il santo dimostra al re di Francia la sua innocenza facendogli vedere che con la quantità di metallo prezioso avuta per realizzare uno scanno ne ha realizzati due.Importante la descrizione della bottega d'orafo di inizio Seicento, descritta con precisione e cura dei particolari. Superata l'opera dell'Empoli ha inizio la serie di autoritratti, collezione iniziata dal cardinale Leopoldo (1617 - 1675), proseguita dal nipote Cosimo III (1639 - 1723), ampliata dai granduchi di Lorena, accresciuta durante il Regno d'Italia e incrementata fino ai nostri giorni. L'itinerario attraverso i pittori più rappresentativi dell'arte inizia con l'Autoritratto di Leonardo (Vinci, Firenze 1452 - Castello di Cloux, Amboise 1519), dichiaratamente falso, derivato dal disegno della Biblioteca Reale di Torino.